Sito istituzionale Comune di Tortolì Comune di Tortoli Comune di Tortoli

Dettaglio notizia

Alex Pinna “Big Pinocchio”
 
Notizia del 06/07/2009
 
Alex Pinna “Big Pinocchio”
 
Inaugurata la cultura permanente di Alex Pinna e la mostra nella Ex Blocchiera, via Eleonora d’Arborea, Tortolì (Og)
 

Il giorno 4 luglio si è inaugurata a Tortolì la scultura permanente “Big Pinocchio” e la mostra personale di Alex Pinna (www.alexpinna.org) che sintetizza alcune tappe dell’opera dell’artista. L’evento, promosso dall’Assessorato alla Cultura e dall’Associazione Ogliastra Arte, è curato dal direttore del Museo, Edoardo Manzoni.
La grande scultura lunga 16 metri e alta 4 in ferro verniciato è stata realizzata da Pinna espressamente per questa occasione ed è stata collocata in esposizione permanente nel parco delle sculture del Museo, che già accoglie, tra le altre, le opere di Staccioli, Pirri, Campus, Jevolella, Nagasawa, Renda, Pardi, Kaufmann, Coletta.
Gioco e ironia sono sempre protagonisti delle operazioni di Alex Pinna, dagli indimenticabili Bee-Bep a Felix il gatto, da Gatto Silvestro all’omino baffuto della Bialetti fino alle sculture realizzate in corda, bronzo e ceramica.
Ed anche questo gigantesco Pinocchio occupa il parco delle sculture con la consueta disinvoltura che l’artista è capace di infondergli. Il burattino non incarna l’inseguimento verso le più moderne tecnologie. Non è questo un tratto distintivo del suo creatore. Plasticità e linearità si fondono nella struttura, creando un effetto, quindi, una suggestione, di umanità, in un personaggio della nostra letteratura così familiare.

Luoghi Scultura permanente: via Pirastu;   Mostra: Ex Blocchiera, via Eleonora d’Arborea, Tortolì (Og)

dal 5 luglio al 15 agosto 2009

Orari:  21 – 23 escluso lunedì

Ingresso:  gratuito


Ad accompagnare gli eroici personaggi di Alex Pinna sospesi tra corde o arrampicati alla maniera di antichi stiliti oggi appare un amico di infanzia di tre o quattro generazioni fa, realizzato espressamente per il Museo di Tortolì, il burattino Pinocchio, prodotto artigianale, artigianalmente modificato, biologicamente ambiguo come Atena uscita dalla testa di Zeus, non divino come la dea, e fatto, in questo caso, non di legno, bensì di vernici epossidiche su ferro zincato dipinto. Non sappiamo se questa creatura inaffidabile di quindici metri diventerà bambino per un consolatorio lieto fine. Pinna ci ha abituato alla spericolatezza un po’ irresponsabile delle sue figurette, dei suoi piccoli eroi arrampicati come antichi stiliti, seduti in cima a scale ripidissime, o appesi a sottili rami.
Questa volta l’eroe rinuncia alle altezze che aveva sfidato con tanta sicurezza affrontando il rischio di cadute rovinose, presumibilmente irreparabili. Le componenti prevalenti dell’arte di Pinna, plasticità e linearità, si articolavano e  si completavano perfettamente, liberate da contrasti formali in un’indiscussa fusione estetica. E anche oggi questo Pinocchio occupa il campo con la consueta disinvoltura che l’artista è capace di infondergli.
Per condire il gioco Pinna ha fatto partecipare via via alla sua rappresentazione il velocissimo Bee-Bep , il Gatto Silvestro, l’indimenticabile vecchio Felix, così come l’omino baffuto della Bialetti, facendoli diventare rapidamente classici protagonisti della storia. Di contro, i personaggi “giacomettiani” extrastorici, metastorici, definitivi.
Pinocchio non incarna l’inseguimento verso le più moderne tecnologie. Non è questo un tratto distintivo del suo creatore. La grande scultura troneggia nella sua fisicità, con il capo appoggiato di lato, in un atteggiamento riflessivo e sognante. Anche lui potrebbe essere un nuovo eroe.
Certo, in anni come questi nostri in cui ogni cosa appare sotto discussione, mentre finisce poi, di fatto, col sopravvivere, più o meno, in seconda serata, secondo le procedure dello spettacolo, parlare di eroi potrebbe richiedere qualche chiarimento.
Ma noi conosciamo l’artista e sappiamo bene quanto egli sia alieno da ogni tipo di maniera e quanto preferisca offrire, piuttosto letture paradossali, che abbinamenti artificiosi e convenzionali. Gioco ed ironia sono sempre protagonisti delle sue operazioni. Pinocchio è ora un oggetto meccanico; le sue forme, le sue misure, anche se vistosamente amplificate, continuano ad apparirci familiari. Non ha intorno a sé animali parlanti, manca l’inquietante Fata Turchina. Perché ci è familiare? Forse perché la letteratura sul romanzo di Collodi ce ne ha consegnata un’immagine tutto sommato positiva? O forse perché famosi registi e attori (da Walt Disney a Comencini a Benigni) ce lo hanno umanizzato a tal punto da renderlo parte integrante del nostro patrimonio culturale?
Pinocchio rappresenta anche la trasformazione da materia inanimata a essere “pensante”; per noi, al di là della fortuna letteraria, qualche cosa di più della storia di un burattino-marionetta che si umanizza. Si affastellano allora un po’ confusamente nella nostra memoria immagini legate ad esperimenti scientifici sulla materia inanimata (da Frankenstein in poi, resi nel cinema in chiave drammatica e poi ironica), gli esperimenti artistici di Léger, fino ad un curioso Pinocchio 3000 (P3K, del 2004) di Daniel Robichaud, un film d’animazione in cui il protagonista è a metà tra l’umano e il robot (una citazione del più famoso Metropolis? ),
Forse questo Pinocchio appare familiare a chi, come me, conosce il percorso poetico di Alex Pinna, quegli eroi di corda o di bronzo che si arrampicano nel vuoto, sempre con lunghe gambe o lunghe braccia, come questo bambino meccanico, umanizzato dall’atteggiamento, dalla posizione degli arti, e non dai materiali usati. Ancora una volta siamo, quindi, rassicurati da ciò che “ci sembra” di conoscere o di riconoscere?
Cito ancora un’espressione di Pinna che mi viene sempre in mente quando vedo il suo lavoro: …”forma lirica e paradossale”, che mette insieme gioco e avventura, ma anche equilibrio tra gli elementi. La struttura si sviluppa nella precisione geometrica: la sfera, il cilindro e il cono, ad esempio (il corpo, la testa e il naso) seppure ammorbiditi, sono espressioni di una volontà di riduzione della forma all’astrazione. Pinna, come nei suoi piccoli eroi di corda, riduce all’”osso” la sembianza umana.
Ma così come nel burattino di legno, anche in questo di metallo sono presenti le articolazioni, come a suggerire un movimento, ancora una volta, meccanico.
La storia di un museo a cielo aperto si arricchisce di un’altra opera importante che scandisce il tempo e la passione di tutti coloro che hanno collaborato a questo progetto d’arte.

Vittoria Coen